venerdì 25 febbraio 2011

SOS SRDN DAE SU CORO BALENTE KI NEMOS PODET BINKERE - SHARDANA DAL CUORE RIBELLE CHE NESSUNO PUO' VINCERE

Il grande Has-Nalos stava in piedi, fiero, sulla parte più alta della Rocca Nera.
Sotto di lui, i preparativi per la partenza in Egitto fremevano e, nella grande spiaggia del porto egli vedeva, soddisfatto, decine di uomini e donne correre trafelati e trasportare, alle imbarcazioni, mercanzie di ogni genere: pregiati tessuti di bisso, ricavato dai fili setosi e dorati delle nakaras (quelle grandi pinne bivalva che crescono sott'acqua nelle praterie di posidonia); preziosi copricapo per gli uomini (barritas); elaborati fazzoletti (muncadoris) e grembiuli  (pannus 'e ananti), con altri pregiati pezzi, realizzati con le stoffe migliori, del costume sardo, tra i quali finissimi pizzi e filè; raffinati gioielli in filigrana d'oro e pietre preziose ...
Tutto confezionato dai migliori artigiani della Sardinia, orgoglio della bottega di Eri-Manzà-Nu.
Al centro del porto ondeggiavano placide le navi da guerra della flotta SRDN e NUR-SIN, dove venivano caricati enormi quantitativi di armi: armature, spade, spadoni, pugnali, scudi, frecce e faretre con potentissimi archi e tutto quanto potesse essere utile in battaglia. Alla destra della panchina, altre imbarcazioni accoglievano ogni tipo di prelibatezza locale: muggini e anguille affumicati, sardine sotto sale, olio, vino e la migliore bottarga di muggine (tanto amata dai popoli del nord-Africa, che impararono a confezionarla anche loro, assumendosi perfino il merito dell'invenzione!). Proprio a questo pensava il Generale Kra-Manzà-Nu, mentre dirigeva le manovre di carico della flotta.


-"Po caridadi!, non si fa in tempo a fare qualcosa, che qualcuno te la copia immediatamente!Kosa 'e makus! Vorrebbero far credere che noi, pur avendo la materia prima, pesce e sale, non li sapevamo usare! Incredibile! Meno male che ce lo hanno insegnato gli altri! Siamo una genìa di tonti ... da soli non siamo mai stati capaci di costruire niente. Tutto importato! ITA FAIT SU KERPU ... COSA FA L'INVIDIA".
Meglio lasciar perdere e pensare al da farsi!
Giunse l'alba del terzo giorno e i preparativi per la partenza furono completati.
I cittadini SRDN e NUR-SIN si erano recati al porto per dare l'ultimo saluto agli amati fratelli che andavano a combattere a Qadesh con Ramses II.
Le madri, i padri, le mogli, le sorelle abbracciavano i figli, i mariti, i fratelli, e calde lacrime scendevano su meste gote.
-"TORNATE PRESTO DA NOI!" - tutti, invocavano.
Il Sacerdote Sarbak celebrava riti propiziatori, bruciando erbe aromatiche per evocare gli spiriti benevoli e la protezione della Madre. Egli chiedeva che i loro eroi tornassero a casa sani e salvi. 
Il suono del corno, levatosi al primo bagliore del sole, chiamò all'ultima raccolta.


Kra-Manzà-Nu diede gli ordini di manovra, seguendo ogni azione con maniacale cura del dettaglio e redarguendo i suoi ammiragli su cosa fosse meglio fare. L'assetto della flotta in moto fu presto perfetto.
Efisceddu era di pessimo umore. Aveva appena stretto forte al suo petto Iris e, solo facendosi molto coraggio, era riuscito a staccarsi da colei che sarebbe presto diventata la sua sposa. Almeno questa fu la promessa ... nella speranza di sopravvivere all'avventura a cui egli e i suoi fratelli andavano incontro. Questa guerra, proprio adesso, non ci voleva! Che rabbia! 
Iris e gli altri cittadini, accalcati sui bordi estremi della banchina, per l'ultimo saluto, si unirono alla preghiera di Sarbak, affinchè la Dea rendesse loro i valorosi 520 figli.
Gli ultimi ormeggi furono levati e le ancore furono salpate.
In breve tempo, la flottiglia, con a capo Has-Nalos, scomparve all'orizzonte. Lo scriba Egizio, che non aveva mai dismesso il suo diario, non mancò alcun dettaglio nel rendicontare della partenza da Tharros: anche questa fausta impresa avrebbe certo arricchito i bassi rilievi e le steli dei loro templi.
Attraversarono il grande mare. Durante la navigazione, Efy non faceva altro che pensare alla sua Iris. Il suo animo era tormentato perché avrebbe voluto concentrarsi sulla guerra che stava per affrontare, ma il suo cuore non ne voleva sapere. Iris era il centro dei suoi pensieri, tutto il resto era, ormai, un insignificante contorno. 

Arrivarono in Libano e lì trovarono guerrieri egiziani e carri, che li aspettavano per condurli al campo, dove, il Faraone Ramse II li attendeva. Il campo si trovava sulle sponde del fiume Oronte, nascosto da una fitta vegetazione. Ramses II aveva deciso di continuare la campagna iniziata dal padre, il Faraone Sety I, per riconquistare la Palestina, la Siria e riammetterle all'Impero Egiziano. Ciò aveva portato a nuovi scontri con gli Ittiti e, dato che era il V anno del suo Regno, Ramses decise di chiedere aiuto ai SRDN e ai NUR-SIN di Tharros per assicurarsi la certezza della vittoria.
Sfidò Muwatthali a Qadesh, in Siria, lungo la frontiera Egiziana.
Il campo, nei pressi dell'Oronte, occupava un enorme spazio della rigogliosa piana. Era perfettamente organizzato: i guerrieri Egizi erano divisi in squadre; ognuno di loro era ben equipaggiato con armi, carri e cavalli; ma anche i guerrieri sardi non erano da meno: erano arrivati armati fino ai denti e le loro armi erano famose per la micidiale potenza, presso tutti i popoli del mondo conosciuto.


Il Faraone Ramses II volle informare, personalmente, i guerrieri sardana di quale fosse la loro situazione, poi assegnò loro gli alloggi.


Durante la notte, gli Ittiti, agli ordini di Muwatthali, attraversarono il fiume Oronte, raggiungendo Qadesh: attaccarono gli Egiziani, non sapendo ch'erano arrivati i rinforzi shardana.
I due eserciti combatterono a lungo. Efy mostrò la sua immensa forza e un coraggio senza pari. Volteggiando rabbiosamente lo spadone salvò suo padre, Has-Nalos, da morte certa, mentre veniva aggredito alle spalle dagli avversari.
Fu una guerra devastante: sul campo di battaglia si levava il lamento atroce dei feriti; i morti non si contavano per entrambi gli schieramenti.
La battaglia, tuttavia, continuò a lungo.
Fingendo una ritirata, l'esercito Ittita circondò una divisione dell'esercito Egiziano. 
Ramses, a capo della Divisione Amon, braccata dai nemici, diede prova di grande eroismo nello spronare all'attacco il proprio carro e incitando i suoi uomini che non arretrarono, confidando nei rinforzi.


Has-Nalos e i suoi guerrieri arrivarono giusto in tempo, dando una svolta decisiva alle sorti della disfida, laddove, Ramses si trovava in netta condizione d'inferiorità.
Dopo varie dispute, tuttavia, causa il grande valore di tutti i guerrieri, si arrivò ad una situazione di stallo.
Has-Nalos, diventato Consigliere di Ramses, suggerì d'interrompere l'ormai inutile battaglia, quando il fratello di Muwatthali, Hattusil, arrivò al campo Egizio senza scorta, solo, per proporre un accordo tra le parti ed evitare ulteriore spargimento di sangue.
Fu preparata una grande tenda tra i due campi, in un'anta quasi lacustre del fiume, dove, aldilà dei canneti, pigri fenicotteri raspavano il fango in cerca di cibo e che, per molti aspetti, ricordava il grande mare del Sinis di Tharros. 
Ramses e Muwatthali firmarono un Trattato di Pace, allo scopo di suggellare il quale, Ramses prese in sposa una Principessa Ittita.

I due eserciti smontarono i rispettivi campi di battaglia e fecero ritorno, ciascuno nella propria patria.

Il rassicurante paesaggio pluviale fece compagnia agli Egizi e ai Sardana per moltissimo tempo.

Anche questa impresa era finita eroicamente e, per fortuna, tra i sardana si registravano pochissimi defunti.

Al rientro in Egitto, Ramses si gloriò dell'esito della guerra, assumendo i meriti del Trattato di Pace. Le gesta eroiche vennero raffigurate sulle pareti dei templi, tra i quali quelli di Abu Simbel e nella sala ipostila di Karnak. 
La pace fu assicurata per l'intero Regno di Ramses e oltre, fino alla caduta dell'Impero Ittita, nel 1996 a.C.

Nel frattempo, a Tharros, continuavano i preparativi per il matrimonio tra Efisceddu e Iris. Le raccoglitrici cominciarono le messi dei fiori di campo più profumati, nelle colline del Sinis. Era un lavoro che richiedeva molto tempo, soprattutto per l'essiccazione. I fiori, essiccati e sminuzzati, sarebbero stati bruciati nei grandi bracieri di bronzo. Avrebbero prodotto densi nuvoloni di fumo profumato.
Il rito propiziatorio dei fiori, bruciati e sparsi in terra, per purificare i luoghi e rendere grazie alla Madre, avrebbe portato tanta armonia, fortuna e felicità ai due sposi.
I Saggi, riuniti nella Grande Sala della Reggia Nuragica, alla presenza di Sarbàk, deliberarono di chiamare, a Tharros, i più esperti scalpellini-scultori per realizzare statue in arenaria, in onore dei valorosi e prodi fratelli andati a combattere in terra straniera, nonché suggellare, così, con grande atto di rispetto e amore civile, il matrimonio tra Efy e Iris.
In pochi giorni, il quartiere dei mestieri fu animato dal rumore di decine di scalpelli che, con maestria, penetravano grandi blocchi di arenaria, portata in città dalle cave di Is Arutas.
Volti impenetrabili, dai grandi e ipnotici occhi rotondi, cominciarono a delinearsi sui fieri corpi di pietra.
Piano, piano, le abili mani degli scultori realizzarono magnifiche statue rappresentanti pugilatori, arcieri, guerrieri che avrebbero, simbolicamente, omaggiato per sempre, gli illustri personaggi della città. 
A lavoro ultimato le statue parevano vive, con i gonnellini colorati, il segno regale sul petto e lunghe acconciature a quattro trecce.
Nel nuovo quartiere, esperti architetti, con centinaia di operai specializzati, davano alla città nuove, bellissime abitazioni e costruzioni di utilizzo pubblico, come scuole, negozi e giardini.
Sapevano che il fausto matrimonio tra Efy e Iris avrebbe portato altre unioni tra SRDN e NUR-SIN, come sempre avviene quando diverse genti si incontrano.
                                                                      NEFERTARI

Arrivati in prossimità di Pi-Ramses gli eroi Egizi e Sardana furono accolti da ali di gente in tripudio.
La Regina Nefertari attendeva l'amato consorte con tutti gli onori. Sapeva, dalle staffette mandate in avanscoperta, che il grosso dell'esercito era incolume, ma che moltissime erano state le vittime nell'esercito egizio. Il suo cuore di Regina fedele e devota al proprio popolo era addolorato per questo, tuttavia calde lacrime di gioia bagnarono i suoi occhi penetranti quando, in lontananza, vide il consorte arrivare fiero, tra i suoi luogotenenti shardana.
Has - Nalos e Efy scortavano il Faraone con onore, balentìa e amicizia.
Ramses doveva a loro la sua non sconfitta. Grazie a loro la pace era assicurata ai confini. 
Gli occhi di Efy notavano il gioioso tripudio tutt'intorno, tuttavia le sue orecchie, quasi, non udivano le urla festanti del popolo in attesa, schierato sui lati della strada. La verità è ch'egli, dal momento in cui la battaglia era cessata, non riusciva a pensare ad altro che al suo rientro a casa.
Visse con grande impazienza i grandi festeggiamenti e i riti nei meravigliosi tempi Egizi.
Davvero, non vedeva l'ora di partire e riabbracciare la sua amata Iris.
Quando, salutati Ramses e Nefertari, le loro navi ripresero il mare, soavemente sospinte da uno zefiro favorevole, egli fu colto da fortissimi spasmi allo stomaco per l'aspettativa, l'ansia e la felicità del ritorno! Dopo circa una settimana di ottima navigazione, il profumo delle aromatiche entrò nelle loro narici, parimenti agli occhi la vista della costa. Poche ore e sarebbero entrati in porto a Tharros. 
Efy era l'uomo più felice del mondo.
A rattristarlo, purtroppo, i corpi dei fratelli d'armi morti in guerra, imbalsamati dagli Egizi per la traversata ...
Li avrebbero onorati con una imponente Cerimonia Funebre e un mese di lutto ... 
"Poi potrò, finalmente sposarmi con Iris!" - pensava col cuore traboccante di gioia.
La vide da lontano. La sua esile, ma inconfondibile sagoma era sul molo in attesa. Era arrivata per prima ... Il mare l'aveva avvertita che il suo amore stava tornando!
-"Seu arribendi Iris, aici s'eus a coiai!" - "Sto arrivando Iris, ora ci sposeremo!" - gridò.

Sbarcarono. Sarbàk accolse gli eroi circondato dal popolo in festa. Le launeddas intonarono una mesta, solenne e commovente melodia alla vista delle salme degli eroi morti, che sbarcarono per primi. Madri e padri addolorati furono lasciati passare per abbracciare i loro cari, che avevano sacrificato la propria vita in terra lontana. Dagli occhi azzurro-cielo di Iris scesero lacrime di giada e cadde in ginocchio per l'emozione, quando vide Efy scendere.
."Oh, Efy quanto mi sei mancato! Non mi sembra vero ... sei tornato ... sei qui!"
Efisceddu non riuscì a dire una parola. Teneva stretta la sua amata, pieno di gratitudine e commozione.


Le solenni esequie furono svolte alla presenza della Grande Sacerdotessa Silanolis, durante il plenilunio. 
I fratelli defunti furono raccomandati alla Madre affinché potesse accoglierli nel suo grande e rassicurante ventre.
Trascorso il mese del lutto, in città tutto era pronto per i lieti festeggiamenti della Cerimonia Matrimoniale. Ovunque, alle finestre, cominciarono ad apparire tessuti e ricami pregiati ad annunciare che la città si apriva alla speranza e alla felicità per questa nuova unione.
Finalmente arrivò il grande giorno per i due innamorati. Si potevano sposare!
Tutto il circondario venne coinvolto nella preparazione dei cibi, dei vestiti e degli ornamenti.
Efy e Iris, in onore degli Antichi Padri, indossarono i ricchissimi costumi da cerimonia. 
Il matrimonio fu officiato da Sarbàk alla presenza di Silanolis, la quale, come aveva promesso, era tornata in città per la fausta occasione. Ella circondò i polsi dei due sposi col sacro telo di bisso dorato, in auspicio di salute e ricchezza, e di lino bianco purissimo, in augurio di fertilità e purezza. I due si scambiarono l'eterna promessa e, da quel momento, furono uniti per sempre. 
Il banchetto fu allestito in sa Pratza Manna; gli sposi erano meravigliosi e felici.
Launeddas, pipaiòus e tamburrus suonarono ininterrottamente.
I giovani ballarono su ballu 'e su impari e nuove coppie si formarono.
La città intera era in tripudio e si vivevano intensi momenti di grande emozione e allegria collettiva.
La festa durò per parecchi giorni.






Nell'ultimo giorno dei festeggiamenti, Sarbàk e Has-Nalos condussero il popolo in processione a Monte 'e Prama, per benedire il nuovo quartiere appena completato. I due sacerdoti consegnarono simbolicamente, a Efy e Iris, le chiavi della loro casa e della nuova città, poi tutti si recarono sull'alto del colle dove, altere e solenni, le possenti statue erano state collocate. Furono accolti dalle loro mani franche e, nella vallata intorno, per giorni e giorni, echeggiarono soavi canti e litanie alla Madre.
Quel nuovo popolo visse per sempre in perfetta pace e armonia.
Il loro canto d'armonia si udì per millenni  e ancora riecheggia a Monte 'e Prama.



Efisceddu tacque.

Nella grande galleria di Li Punti l'atmosfera era sospesa tra questa dimensione e quella raccontata da Efisceddu. Tutti temettero ch'egli fosse tornato nella pietra silente per sempre. Invece, sorprendentemente, egli riprese a parlare e disse: " La sacerdotessa Silanolis vi invoca di riportare sulla nostra amata Terra l'Armonia, l'Amore per la Natura e il Rispetto per gli Esseri Umani che, per noi Shardana, sono Valori Eterni e Irrinunciabili. Siate voi latori di questa novella tra la vostra gente. La mia ultima missione è avvertirvi che la nostra Isola è in una grave situazione di pericolo. La Terra è malata e la gente è infelice. Le giovani generazioni emigrano in cerca di lavoro. La nostra è una terra ricca e ciò è inconcepibile. Noi piangiamo, invisibili, la vostra negligenza e la vostra inerzia. Silanolis l'aveva visto e ha fatto in modo che in questo solstizio si aprisse la porta che mi ha condotto a voi. Io sono tornato per aiutarvi a prendere coscienza. Non siate sordi al mio  appello. Siate saggi e lungimiranti e liberate lo scranno dall'Ingiusto per rimettere il Giusto al posto che gli compete! Sarbak diceva che: "Chi lascia che l'Ingiusto sieda al posto del Giusto merita di sprofondare nell'abisso". Ebbene l'abisso non è lontano se continuate in questo modo. Cambiate immediatamente, prima che sia troppo tardi! E ... un'ultima e personale preghiera ve la voglio rivolgere io: riportatemi, per favore, assieme ai miei fratelli a Monte 'e Prama. E' giunto il tempo, per noi, di tornare a casa!".

Così tacque per sempre il grande Efisceddu.
Nell'irreale silenzio, a Li Punti, già qualcuno si chiedeva s'era stato tutto vero ...
Ancora, però, negli occhi ipnotici della statua brillava la luce della Verità da tramandare.
Non era stato un sogno.
TUTTO VERO!



Guerrieri di Carmine Piras
Pescatore di Cabras























Statue Giganti di Monte 'e Prama

I  ragazzi della 4^B e della 4^C ... stavolta insieme!



                   DONNE NURAGICHE                         


MADRE DI TETI








Cabras, 25 febbraio 2011

martedì 8 febbraio 2011

THARROS E' IN FERMENTO...MA...

Episodio VI

THARROS È IN FERMENTO… MA…

Da un pezzo nel cielo, brillavano luminosissime, le stelle… I grandi occhi azzurro-mare di Iris risplendevano come non mai! La notte era calma e una leggera e piacevole brezza penetrava fra i danzatori portando sui loro volti accaldati e imperlati da minuscole gocce un po’ di frescura. Piano piano le giovani coppie,  lasciando la pista da ballo, raggiungevano i propri  familiari che fino ad allora avevano  osservato con apparente distrazione,  chi in piedi e chi seduto su seggiole di ferula, i passi svelti e sincronici dei ballerini. Efy ed Iris, persi nel ritmo del ballo, non si erano resi conto che i suonatori di launeddas avevano smesso da un po’ di suonare. La gioia era stampata sui loro visi e i loro piedi  scalzi continuavano a muoversi con agilità al centro de Sa Pratza Manna, su note che nessuno più sentiva. Cos’era successo? La freccia di Cupido aveva forse fatto centro? Quando una voce maschile e severa risvegliò i giovani dal sogno ad occhi aperti.
-         IRIS, cosa fai ancora lì, con questo giovane appena conosciuto? Non avete sentito che le launeddas sono mute?
I suonatori, intanto,  si stavano  ristorando  dopo la fatica e riprendevano fiato con un bel bicchiere di vernaccia in una  mano e nell’altra un amaretto croccante.
La ragazza si rese conto di aver fatto una brutta figura e corse verso le sorelle e le sue damigelle, lasciando Efy davanti al gran sacerdote Sarbac, che con voce autorevole lo invitava a ritirarsi con dignità, visto il suo rango.
La festa continuò ancora per poco, visto che ormai era notte fonda, la gente stanca cominciava a ritornare nelle proprie case. Anche  i due giovani dovettero far ritorno alle loro abitazioni e si cercarono con lo sguardo per un veloce saluto, attenti a non essere visti. Efisceddu sembrava ipnotizzato, non gli era mai successa una cosa simile! Eppure aveva girato il mondo, si può dire, con suo padre e i soldati Shrdan, e di giovani fanciulle ne aveva incontrato parecchie, ma nessuna come Iris gli aveva rubato il cuore.
In compagnia dei suoi amici più fidati, Efy non fece ritorno subito a casa, ma girovagò per le strade deserte di Tharros alla ricerca della casa di Iris, poichè non sapeva dove effettivamente abitasse.

Le nuove case degli Shardn (Alessia)
Camminando senza alcuna meta giunsero nei pressi della reggia del sacerdote-capo tribù. Cosa    videro i suoi occhi? Chi l’avrebbe mai detto? E sì…aveva trovato Iris! Lunghi capelli con leggeri boccoli nelle punte, una piccola bocca delicata, occhi dolci e grandi… era proprio lì, davanti a lui.
Peccato che fosse la statua che aveva scolpito il più bravo maestro di scalpello di tutto il circondario e forse di tutta la grande isola verde, per i suoi 18 anni!
Una cosa era certa: ora sapeva dove cercarla.
Passarono i giorni, lunghi, interminabili.
……SILENZIO…UN  SILENZIO ERA CALATO ALL’IMPROVVISO………
La grande statua di arenaria smise di parlare per qualche secondo, il tanto per riprendere fiato, ma Nino il più curioso degli ascoltatori del laboratorio di restauro, lo invitò calorosamente a riprendere il racconto:
- AHIO’! Accaba su contu ka olleusu iscire commente finit s’istoria! (Dai, proesgui nel racconto perché vogliamo sapere come finisce la storia) - Est propriu bella! Intantu est nudda su ki ses narendi. Cèè! (è proprio bella! Non è cosa da poco quello che stai dicendo. Cèè).
- Chi avrebbe mai immaginato che la storia dei Nostri Antichi Padri era andata cos…?
- Umm, umm! – si schiarì la voce Efisceddu, lasciando in aria l’ultima vocale della frase di Nino.
Efy riprese a raccontare i dolci ricordi della sua giovinezza e del suo arrivo nel nuovo mondo di Tharros.
Dopo quella notte di festa, non faceva altro che pensare a come si era sentito felice vicino alla bella Iris ed era sicuro che anche lei lo fosse stata e sperava di rivederla al più presto. Con questi pensieri la vita continuava tranquillamente e ognuno si occupava dei propri mestieri.
Il padre, Has-Nalos, gli aveva suggerito saggiamente di non essere precipitoso e di fare un passo per volta per riconquistare, per prima cosa, la fiducia di Sarbac che li aveva accolti nella propria città …

La barca di Efy (Simone)
Spesso Efisceddu andava a pescare insieme ad Inur e agli altri amici; quando uscivano in barca, tutti si preparavano con un abbigliamento particolare: delle cinture in pelle con dei piombi, una tunica candida da arrotolare alla vita al momento opportuno qualora dovessero buttarsi in acqua. Usavano delle reti con galleggianti di sughero, delle lance come arpioni o come fiocina.
A pesca con gli amici (Matteo)
                                                           
La barca era in legno pregiato, grande e possente, come quelle utilizzate dalla sua gente per giungere a Tharros, la loro antica terra. Ziu Tatanu era l’artigiano che  aveva aiutato Efy-Nalos a costruire questa nuova imbarcazione, che aveva anche una piccola cabina con degli angolini dove si poteva riposare, ma Efy non dormiva mai, soprattutto quando era all’inseguimento di  branchi di tonni, e spesso facevano un buon bottino quando andavano al Sud verso Sulci. I tonni venivano arpionati, poi issati con la forza delle braccia sopra la grande barca, venivano puliti e, infine, messi nella stiva per tenerli freschi fino al rientro al porto.
Ogni volta che tornava dalla pesca erano molto soddisfatti lui e i suoi amici;  a Efy piaceva andare per mare fin da piccolo quando il padre lo portava con sé e gli insegnava tutti i trucchi. Se il mare lo permetteva si spingevano fino a Maluentu, altre al Catalano, lui con i suoi amici di sempre, abili in tutto dalla pesca alla caccia, per non parlare delle loro capacità nelle arti militari: erano abituati ad un duro allenamento dove dimostravano la loro forza e l’astuzia che all’occorrenza usavano nel sopraffare i nemici.
Anche quella sera al rientro in porto, le loro reti avevano intrappolato ogni tipo di pesce: orate, scorfani, branzini, sardine, muggini (anche se preferivano quelli del grande stagno), dentici…calamari e persino due grossi polpi!
Efy era felicissimo di quella bella giornata di pesca e pensò che poteva approfittare di quella occasione per fare un bel regalo al re Sarbac e cercare di fargli capire che lui era un giovane bravo e generoso.   
Sarbac, come sappiamo, era un re-sacerdote giusto e potente, ma come succede anche oggi, aveva un carattere diffidente e testardo e non avrebbe mai perdonato nessuno che pensasse di prendere in giro lui e ancora peggio sua figlia. Così Efy, prima di sbarcare, cercò di mettersi in ordine più che poteva, poi si incamminò, da solo, con una cesta ricolma dei gustosi pesci verso la dimora del capo-tribù e con il cuore che gli batteva forte per l’emozione di poter rivedere Iris. Appena entrò in casa fu accolto da alcuni fidi servitori del re che lo accompagnarono nella stanza del consiglio al cospetto di Sarbac. Al giovane, alto e possente, tremarono un po’ le agili e forti gambe, intimidito dallo sguardo penetrante e severo del capo-tribù. Efisceddu consegnò al re il suo dono e Sarbac, subito lo ringraziò e per metterlo a suo agio iniziò a  dialogare; dapprima sembrava freddo e distante, poi piano piano diventò più cordiale e gentile.
Ah, Stava conquistando nuovamente la sua fiducia!
Il severo padre aveva concesso che la figlia potesse recarsi a cena da lui; d’altronde anche Has-Nalos, padre di Efy, era una persona di cui ci si poteva fidare, saggia e stimata da tutti.  La ragazza fu contentissima del consenso del padre e agitata e felice si preparava per andare al banchetto. Efy si congedò da Sarbac e si catapultò veloce come una lepre verso casa sua. Cominciò a chiamare Aittam dal giardino, urlando frasi sconnesse:- Dai, corri,  fai presto. Sta per arrivare…Prepara…sì il cinghiale!
-                     OOOOH! - gli urlò dalla soglia di casa il fedele amico- Cosa hai da sbraitare in quel modo! Ti ha morso uno scorfano? Calmati e parla adagio e chiaro.
Il giovane entrò in casa e chiamò i genitori per dare la bella notizia, i quali ordinarono subito ai servitori di mettere in ordine la casa e ai cuochi di preparare un pasto abbondante e succulento a base di cinghiale da offrire alla loro nobile ospite.
Il grosso animale era stato cacciato nella boscaglia di Seu, stanato dal fiuto del cane Tobia che l’amico Otacirus,  con la sua lancia, aveva prontamente infilzato. Seu si trovava più a Nord, dopo la punta di Is Arutas; era proprio il territorio di caccia preferito da tutti i cacciatori del posto, ricco di selvaggina: conigli, lepri cinghiali, fagiani, volpi, gatti selvatici, caprioli, serpenti e testuggini, pernici, poiane, falchi, passeri sardi, merli e capinere… che riuscivano a nascondersi perfettamente nella fitta vegetazione di  lentisco, di mirto, di cisto e di rosmarino dai fiori bianchi, di cespugli di palma nana  e, nelle zone più alte, di contorti arbusti di olivastro. Nello stesso luogo, sulle rocce e le falesie a picco sul mare, trovavano rifugio gabbiani corsi, cormorani e rondini di mare, per non parlare dei fondali marini, ricchi di praterie di posidonia dove sguazzavano pesci, molluschi e crostacei.
Nella mente del giovane si stava formando il pensiero che Iris sarebbe diventata la sua sposa,  ed era convinto che anche lei la pensasse allo stesso modo. I due ragazzi si erano proprio innamorati.
Sembrava proprio che “Il ballo de S’Impari fosse perfettamente riuscito nel suo intento!”
La cena andò bene e anche Iris stava bene con questo baldo Shrdn. Dopo il banchetto in suo onore fu riaccompagnata a casa su un carro trainato da uno splendido cavallo bianco niente di meno che da Has-Nalos in persona che intendeva chiedere “la mano della ragazza” per suo figlio. Anche egli, come Efy, sperava in un consenso di Sarbac.
La casa era dall’altra parte della città, sulla collinetta che dominava tutto il golfo di Aristanis; a quell’ora i raggi argentei della luna si riflettevano nelle calme acque di Mare morto e illuminavano la strada grande lastricata. Scesi dal carro, a passo svelto furono accompagnati nella sala reale, dove ad attenderli c’era Sarbac in persona, pensieroso e preoccupato. Già immaginava a cosa si riferisse la visita del grande condottiero e di suo figlio. Iris si avvicinò al padre, trepidante, e lo abbracciò affettuosamente; da quando la madre era morta, solo lui poteva consolarla e spesso lo seguiva in tutte le sue faccende di stato, imparando a conoscere leggi e regole di buon governo e diritti di ogni cittadino. Era la sua figlia preferita, anche perché la più piccola e ribelle. Quella notte tutto filò liscio; i giovani ebbero la risposta che aspettavano: potevano fidanzarsi. Quattro mesi, dal giorno del ballo, volarono; negli alloggi di Efy il capomastro ultimava le case per gli sposi.
Le nozze nel sogno di Iris (Alessandra)
 Mentre il maestrale faceva ondeggiare il grano non ancora maturo, Sarbac faceva l’ annuncio al suo popolo delle prossime nozze della figlia con Efy: il primo matrimonio fra un giovane SHRDN e una giovane NUR-SIN!
 Era il mese di lampadas (giugno) e il vento che soffiava sollevava prepotente mulinelli di polvere.
I preparativi per le imminenti nozze erano incominciati, anche se per il grande giorno ci volevano ancora 6 mesi: si aspettava il solstizio d’inverno e forse l’immortale Silanolis sarebbe arrivata per celebrare la cerimonia con il rito tipico di UR. Sarbac ordinò che venissero a Tharros i migliori scultori di tutta la Sardegna e commissionò, per festeggiare e ricordare perennemente i grandi Shardn venuti dal mare, delle statue che raffigurassero i valorosi guerrieri: arcieri, pugilatori…
Quel giorno ricco di avvenimenti passò e la mattina seguente, all’alba, si sentì l’urlo della vedetta Oghilestu sulla grande torre: - Braka at kastiuuu! Braka at kastiuuu! E suonò il potente corno in modo che tutta la popolazione accorresse. Il generale Kra-Manzà-Nu, responsabile dell’esercito tharrense si precipitò con un drappello di soldati pronti all’attacco, nel caso di sbarco nemico. Anche  Sarbac era all’erta, compreso Has-Nalos, che, però, osservando con occhio di falco l’imbarcazione in arrivo, notò qualcosa di conosciuto…vele rosse, quadrate. Aspettò qualche minuto. Dalla nave si scorgevano segnali, gesti in segno di pace, e visto l’inconfondibile scafo allungato e sottile con  prua lunga e ritorta pensò: - Nave egiziana… Umm
                                                                                                                

La nave del faraone in arrivo
Questo lo rendeva ansioso e irrequieto, andava avanti e indietro in attesa di incontrare e parlare con i messaggeri, perché quegli uomini di carnagione un po’ scura erano gli ambasciatori del faraone, nientemeno che di Ramses II. Qualcosa di poco rassicurante era successo se erano arrivati sin lì.
Schierati sul porto il generale Kra-Manzà-Nu con i suoi soldati, Has-Nalos, Efy e tutti i giovani shardn, compreso Sarbac con tutto il Gran Consiglio attendevano lo sbarco dell’equipaggio della nave egizia.
Il più alto in carica, uno scriba, scese dall’imbarcazione con un rotolo di papiro, salutò amichevolmente tutti i   presenti e chiese la parola. Sarbac gli fece cenno di parlare.
L’egizio srotolò il papiro e iniziò a leggere il messaggio:- “POPOLO NUR-SIN-SHRDN, HO UN IMPORTANTE RICHIESTA IN NOME  DEL POTENTE DIO RA-MOSE II. IN VIRTU’ DELL’ANTICA AMICIZIA, CHIEDE L’AFFIANCAMENTO DEI VALOROSI E TEMIBILI GUERRIERI SHARDN NELLA LOTTA CONTRO GLI ITTITI A QADESH”.

Lo scriba col papiro


Il messaggio di Ramses II

                        
La risposta che ebbe era ovvia e scontata. Has-Nalos non poteva tirarsi indietro e chiedendo il consenso anche al prode Sarbac accettò la richiesta.
Era da un po’ che non partecipavano ad una vera e propria guerra dove facevano conoscere il puro terrore ai nemici, la loro potenza e l’effetto delle terribili armi…
Efy non poteva dire di no e a malincuore si preparò alla partenza. Chissà quando sarebbe tornato e avrebbe riabbracciato la dolce Iris.
Iris pianse a lungo quando si salutarono; si lasciarono con la promessa che sarebbe tornato sano e salvo.
La bottega di Eri-Manzà-Nu riprese freneticamente il lavoro per la preparazione delle armature e delle armi: dovevano essere pronte allo scadere del terzo giorno dall’arrivo dello scriba  del Faraone.
Iris, confortata dal padre, continuò i preparativi del matrimonio perché al ritorno di Efy si sarebbe fatta grande festa.
Giunse l’alba del terzo giorno: tutti i giovani guerrieri e gli esperti più anziani nell’arte della guerra, con a capo il re Has-Nalos, salparono dal porto di Tharros alla volta delle coste del Libano, da cui poi avrebbero raggiunto con  i leggeri e veloci carri egiziani il luogo della battaglia…




Guerriero


Gli scultori all'opera




Gli alunni della quarta E di SOLANAS







mercoledì 19 gennaio 2011

La festa de S’Impari

Episodio V

L'Abitazione di Sarbac



Efi e Iris al ballo de S'Impari

Dopo l’arrivo dei fratelli SHRDN tutto nel villaggio di Tharros sembrava avere una luce diversa, una popolazione nuova, eppure così familiare abitava ora tra le tranquille genti Nur –Sin, questa era la grande novità.
Il sentimento maggiormente diffuso tra la popolazione era quello di annullare in questi intensi e bellissimi giorni il salto temporale che aveva diviso così a lungo le due popolazioni. La curiosità dilagava da entrambe le parti, e mentre i Nur –Sin, volevano conoscere le fantastiche, famose e fertili terre della Mesopotamia e sapere tutto dei tragici eventi che avevano portato i loro fratelli ad attraversare la lunga e terribile carestia che li aveva riconsegnati alla loro terra d’origine, la popolazione degli SHRDN restava incantata di fronte alla grande maestria degli abitanti di Tharros che erano stati in grado di realizzare costruzioni imponenti e tecnicamente perfette come i nuraghi.
Le donne Nur- Sin non vedevano l’ora di sperimentare in cucina le ghiotte e speziate prelibatezze raccontate nelle ricette SHRDN e iniziarono ad incontrarsi regolarmente con le loro sorelle provenienti dal mare per degli scambi culinari che risultavano molto graditi a grandi e piccini. Tra i bambini poi iniziarono a comparire dei giochi nuovi, mai visti prima, giochi che parlavano di avventura, di terribili predatori,  di eroi e guerrieri mai sentiti prima.
Sarbac intanto decise di riunire il Gran Consiglio per decidere assieme ai saggi le strategie migliori per accogliere i nuovi amici, finora infatti a Tharros si era messa in moto la macchina dell’ospitalità e spontaneamente i cittadini avevano offerto le loro abitazioni per ospitare il popolo SHRDN, ma ora si doveva dare loro la possibilità di abitare una casa di proprietà.
Il saggio Asis, prese la parola per primo: “Oh grande Sarbac, io penso che i nostri fratelli giunti dal mare avranno bisogno di tutto il nostro aiuto per costruire delle nuove case, possiamo mettere a disposizione i nostri costruttori di capanne che hanno ereditato dai loro padri l’arte antica della pietra.”
“Si certo Sarbac” Intervenne Nurcos “Io penso sia una buona idea, con le nostre conoscenze non impiegheremo molto a costruire nuove abitazioni e il nostro villaggio sarà ancora più grande e bello”.
Sarbac stette un po’ a riflettere, come suo solito, prima di intervenire nuovamente: “Che ne pensi Capomastro Marduc ?”
“Ma io penso che si possa fare, è un periodo tranquillo questo, il lavoro non è tanto e d’altronde non è forse un principio fondamentale del nostro popolo quello di aiutare chi di noi è in difficoltà ? Faremo tutti qualcosa così il lavoro non sarà pesante per nessuno”.
Un lieve sorriso comparve sulla bocca di Sarbac sapeva di poter contare sulla generosità dei suoi fratelli “Ebbene” disse con tono ufficiale e compiaciuto “Da oggi allora, si dia il via alla costruzione delle nuove capanne per il popolo SHRDN, così ha deciso il Gran Consiglio, così sarà…inoltre” Continuò Sarbac “Penso che sia opportuno anticipare leggermente il grande ballo annuale de S’Impari, in maniera da facilitare le conoscenze tra i giovani Nur-Sin e i giovani SHRDN ! Che ne Pensate fratelli ?”
“La tua saggezza ci commuove o grande Sarbac, quale occasione migliore della Danza Rituale S’Impari per suggellare l’amicizia tra i due popoli?” rispose Nurcos.
Il Capomastro dirige i lavoro di costruzione della nuove capanne

Il banditore annuncia al villaggio il Gran Ballo de SImpari
Così fu e da quel momento in poi il villaggio fu travolto dai preparativi, mentre i maestri della pietra si organizzavano per costruire nuove capanne, nel villaggio si diffuse l’annuncio di Inviatus, il banditore pubblico, che girava per le vie e le piazze gridando a gran voce: “Udite, udite, popolazione tutta di Tharros, il Gran Consiglio ha decretato che a partire da oggi, ventesimo giorno dopo il solstizio d’inverno, si darà inizio ai preparativi per il grande ballo Rituale de S’Impari che si terrà nel giorno trentesimo dopo il solstizio. Da quest’anno al grande ballo parteciperanno anche i giovani uomini e le giovani donne SHRDN. Il ballo si terrà come sempre nella Pratza Manna all’imbrunire…”.
“Che bello il ballo de S’Impari”, iniziarono ad urlare in coro un gruppo di giovani ragazze Nur- Sin “Ci saremo di sicuro!”
In quel momento passava di lì Efi-Nalos, giovane primogenito del principe SHRDN Has- Nalos conosciuto da tutti con il vezzeggiativo di Efisceddu che gli era stato attribuito per il suo dolce carattere. Efisceddu infatti nonostante il suo rango e la sua posizione sociale non era il tipo da darsi arie, timido e curioso, ma allo stesso tempo molto affascinante con la sua pelle perennemente abbronzata, i capelli lunghi, neri corvini, e il suo fisico possente, incedeva sicuro affianco al suo fido amico Inur per le strade di Tharros. Gli occhi neri e profondi come la notte di Efi ebbero un guizzo alla notizia che le sue orecchie stavano udendo: “Un ballo ?” chiese Efi a Inur “Potrebbe essere una cosa interessante, non credi?” Inur non sembrava però molto convinto “Ma Efi, noi siamo destinati a diventare dei guerrieri, la nostra educazione è sempre stata quella per le armi, cosa ne sappiamo noi di balli?” “Si hai ragione amico” rispose Efi “Ma non so perché questa cosa del ballo, mi affascina…” E mentre se ne andavano in giro così disquisendo, ad un certo punto giunse la sera e decisero di ritirarsi nella bellissima dimora di Sarbac dove dal giorno del loro arrivo molti di loro avevano trovato alloggio.
L’indomani di buon mattino i due amici si svegliarono per la consueta corsa di allenamento, stava albeggiando in riva allo stagno, l’aria era fresca ma piacevole, dei bellissimi fenicotteri completavano lo sfondo dipinto di rosa e celestino chiaro. Ad un certo punto l’attenzione dei due amici fu attirata da una strana musica che proveniva da una piazza lì vicino, Efisceddu e Inur si avvicinarono incuriositi e videro uno strano ballo, con soli giovani uomini, condotto da degli anziani che spiegavano ai giovani come muoversi, non lontano da lì altri anziani scandivano il tempo del ballo con solo ritmo della voce. Inur al quale di certo non mancava la faccia tosta e la parlantina, si avvicino per primo: “Salve a tutti, che state facendo ?” Gli uomini della piazza smisero per un attimo di ballare “Ci stiamo allenando per il ballo rituale de S’Impari” rispose uno di loro divertito nel vedere le facce stupite di Efi e di Inur “Avvicinatevi fratelli SHRDN, volete imparare anche voi?” Chiese Zuanniccu, uno degli anziani “Si perché no” disse subito Inur “Sembra divertente !” “Ma come, tu non eri quello che ieri diceva guerra, addestramento, niente ballo…” commentò Efi. “Taci fratello, andiamo…” disse Inur trascinando per mano l’amico. Efi e Inur iniziarono a chiedersi che strano ballo fosse mai questo senza donne, ma prima ancora che i due riuscissero a formulare qualche domanda, intervenne Zuanniccu che disse: “Sapete ragazzi prima di insegnarvi a ballare è necessario spiegarvi alcune cose: questo non è un ballo normale, in quest’occasione infatti i giovani e le giovani del villaggio si conoscono e spesso si fidanzano, presi come siamo dalle nostre faccende infatti non è molto semplice per noi incontrarci durante l’anno, il periodo del ballo dura circa tre mesi dal giorno in cui viene proclamato l’inizio e si balla ogni settimo giorno dopo il primo, all’imbrunire. Non si può però andare nella sacra piazza grande dei balli senza prima aver imparato a ballare e capito le regole, ecco perché noi comitato degli anziani prepariamo in questa piccola piazzetta i giovani uomini, mentre il comitato delle anziane prepara in un'altra piazza le giovani donne che vorranno partecipare. Solo chi di voi sarà scelto da questa scuola, potrà partecipare al ballo !” Efisceddu e Inur rimasero impressionati e affascinati da questa antica tradizione Nur- Sin e decisero di frequentare la scuola degli anziani trascinandosi dietro anche i loro amici  SHRDN. Dopo circa dieci giorni di allenamento, tutti i giovani SHRDN furono considerati pronti per il ballo e promossi al Ballo in Sa Praza Manna. Finalmente il gran giorno arrivò. Quello fu proprio un giorno speciale per i due amici, già dal mattino iniziarono i preparativi per la vestizione, fin dalle prime luci dell’alba furono circondati da donne Nur-Sin che si preoccupavano di cucire addosso a loro la preziosa tunica bianca ricamata sul fondo, con il bel mantello di lana color porpora drappeggiato sulla spalla. Efisceddu si sentiva davvero un principe e si chiedeva con curiosità sempre crescente come fossero le ragazze di Tharros, in questi giorni infatti non era capitato di vederne molte in giro! Scortati da amici e parenti Efi e Inur giunsero in sa Praza Manna, era l’imbrunire, lo stagno dietro alla piazza luccicava come non mai il cielo rosso e arancione sembrava sottolineare i colori della festa, in piazza tutto era addobbato con cura. Efi e Inur, seguendo le istruzioni di Zuanniccu e degli altri anziani si disposero in semicerchio attorno alla piazza, intanto il coro iniziò a intonare il ritmo del ballo, lentamente da dietro arrivarono le donne con i loro abiti sontuosi e il loro incedere elegante. Efisceddu era eccitato e confuso, non sapeva chi di loro lo avrebbe scelto per fare il primo ballo, “Qui a Tharros” spiegava infatti “Zuanniccu" è la donna che sceglie l’uomo con il quale vuole ballare, toccando la sua spalla mentre il ballo ha inizio con gli uomini schierati in fila”. Mentre la sua testa vagava immersa in questi pensieri e i suoi piedi iniziavano magicamente a muoversi a tempo, Efi sentì sulla sua spalla sinistra un tocco leggero, come di una farfalla, si voltò e per un momento le sue ginocchia cedettero: era sicuramente la ragazza più bella che avesse mai visto: la pelle leggermente abbronzata, gli occhi azzurro-mare, i capelli coro miele, le gote rosee, alta e snella, il suo portamento elegante e fiero. Efisceddu riuscì a riprendersi in tempo per non perdere il passo a assieme alla misteriosa fanciulla iniziò a volteggiare per la piazza perdendosi nello spazio e nel tempo. Che fosse Iris la bellissima figlia di Sarbac di cui tanto aveva sentito parlare? Nel grande nuraghe quadrilobato del capo Nur- Sin che li ospitava, Efisceddu non era infatti mai riuscito a scorgerla, troppo grande, troppo distanti i loro alloggi da quelli del loro nobile ospite. Ma in quel momento nulla importava più Efisceddu quella sera ballò e ballò senza riuscire a dire nemmeno una parola, la sua mente vagava con la musica in alto nel cielo…
Efi e Iris


I Bambini della 4°A
di via De Gasperi


lunedì 6 dicembre 2010

I SRDN A THARROS

I SRDN A THARROS

Episodio IV


Il cielo era terso e sereno, a Tharros.
Dalla torre nuragica più alta la vedetta gridò: "BRA'KAS AT KA'STIUUU!" (Navi in vistaaa!).
All'orizzonte, infatti, era apparsa una flottiglia di imbarcazioni, a vela trina, triangolare, che avanzavano veloci verso il porto. Oghilestu, Occhiolesto, questo era il nome della vedetta, aguzzò la vista da falco predatore e si accorse che le navi in arrivo erano molto simili alle loro.
Attizzò l'acciarino sempre pronto e diede fuoco alle foglie di modditzi mischiate a bacche di mirto essiccate e polvere di murici, frantumati al pestello e resi infiammabili dalla resina di Pino d'Aleppo.
Un denso, veloce, fumo rosso si levò nell'aria limpida, visibile a tutti i cittadini ma, soprattutto, al Grande Sacerdote Sarbàk che aveva stabilito quali dovessero essere i colori di vedetta e segnalazione, a seconda delle circostanze.

ROSSO: AMICI IN ARRIVO; BLU: NEMICI IN ARRIVO; VERDE: TEMPORALE AL LARGO; ARANCIO: INVASIONE DI CAVALLETTE; BIANCO: ADUNATA DEI CITTADINI NELLA PIAZZA DEL NURAGHE MAGGIORE; INDACO: ELEZIONE POPOLARE DEI SAGGI; NERO: PESTE E MALATTIE GRAVI; ORO: MORTE E RITO FUNEBRE; ARGENTO: NASCITA E UNIONE; AZZURRO: CERIMONIA DI DEIFICAZIONE DEI PRINCIPI GIUDICI.

Sarbàk, sempre all'erta, capì il segnale e predispose tutto per il Rito d'Accoglienza e Amicizia. Anche il drappello della Guardia d'Onore fu pronto in breve tempo e, rapidamente, furono preparati un servizio d'ordine e un comitato d'accoglienza ineccepibili.
Il Principe Guerriero Kra-Manzà-Nu, Capo degli eserciti di Mare e di Terra, accolse affatto di buon occhio la notizia e stette diffidente, temendo che coloro che apparivano all'orizzonte non fossero davvero amici, come sembrava.
-"Manku su tìau mi bìnkit! Serri, Menka, Perra et Maluserra benèi innòi, ka ki nou funt amigus, 'ddu su akonciu deu kussas petabudigas!" (Nemmeno il diavolo mi vince! Serri, Menka, Perra e Maluserra venite qui che, se non sono amici le sistemo io quelle blatte!").
I guerrieri scattarono sull'attenti, al richiamo del loro Generale e, in men che non si dica, predisposero i loro uomini nei punti strategici di difesa, com'erano addestrati a fare: rapidi, efficienti, forti e invisibili ai nemici, nonostante la mole gigantesca.
Quando essi apparivano conseguivano immediatamente il loro obiettivo: terrorizzare il nemico al punto di renderlo inoffensivo. I Guerrieri del Sinis avevano messo a punto tecniche di combattimento micidiali. Indossavano un'armatura speciale: elmo cornuto pomellato; doppia veste: sotto, quella di capretto morbido e sopra quella in robusto cuoio borchiato con spallacci e paranuca, lunga fino a mezza coscia con elementi rigidi a protezione della zona inguinale; guanti a polsiera, borchiati e tubolari fino al gomito; schinieri allungati fronte e retro a coprire gambe e cosce in cuoio borchiato e costolato. Ovunque, nella veste, tasche porta arrasòias affilatissime, appena più piccole dei pugnali inseriti a ghiera nello scudo portato posteriormente e appeso alla spalla o alle braccia "vere", dato che, spesso, il giacchetto di cuoio era dotato di quattro maniche e la maschera, rettangolare o romboidale, era dotata di quattro occhi.
Chiunque si fosse trovato davanti uno solo di questi guerrieri giganti e abbigliati in siffatto modo, avrebbe, certo, pensato di trovarsi di fronte ad una divinità ... E, questo, era il loro obiettivo: intimidire e spaventare il nemico. Peraltro, le vesti da guerra garantivano l'assoluta autonomia di chi le indossava, poichè erano studiate affinchè la vestizione potesse essere agevole e veloce.
A Tharros c'era la bottega di Eri-Manzà-Nu, fratello di Kra-Manzà-Nu, il più importante maestro d'ascia e armature da guerra, il quale, grazie alle impellenti necessità del fratello, aveva sfruttato i terreni retrostanti al suo cantiere navale e aveva aperto grandissime sale da concia dei più pregiati pellami per realizzare straordinarie armature. L'impresa era diventata importante: infatti, i migliori artigiani della Sardegna ambivano lavorare presso quei laboratori, dove si sperimentavano le più avanzate tecniche di concia, colorazione e confezionamento. Erano state messe a punto strategie che davano risultati eccellenti evitando gli effluvi della putrefazione, utilizzando bagni di guado e bacche di mirto.
Quando Eri vedeva Kra, affacciarsi al grande portone della bottega, ballava per la felicità, sapendo che il suo amato fratello era sempre latore di commesse importanti.
 I due fratelli si stimavano tantissimo ma, a causa dei numerosi impegni del Generale, non si vedevano quasi mai. In quelle rare occasioni, perciò, si concedevano un lauto pranzo insieme, alla taverna di Tziu Kodra.
"Balla Eri, petza 'e angioneddu ke 'i kusta nou 'ssind' aciapat me in logu panù! Ge nou 'ssi tzerriat Kodra po nudda su meri! Kusta kodra kun prisuki parit ka kerit kistìonai!" (Accidenti, Eri, carne d'agnello come questa non se ne trova altrove! Certo che non si chiama Kodra per niente, il padrone! Queste frattaglie con piselli sembra che vogliono parlare!) - disse Kra-Manzà-Nu, in una delle memorabili mangiate, accarezzandosi, soddisfatto, il bronzeo ventre.


"Toka, nou mi kodrist ... puccidda! Paris, paris 'ssu conk'e mallu a pisci 'e kraddaxiu ... kinou 'ssa kotciula pintada dae Su Siku!? Mmmmhhh, nou seus in petzamini, nou! (Per carità, non parlarmi di frattaglie ... che schifo! Vuoi mettere con i muggini al sale o le arselle di Su Siku!? Mmmmmhhh, non siamo carnivori, no!).

Eri non ne poteva più della carne ... A furia di scuoiare animali stava per diventare vegetariano!

Ogulestu nou podiat akudi suendi kuddu fumu! (Occhiolesto soffiava con foga sul fumo!).

Tutta la città era ormai allertata e l'arrivo delle possenti imbarcazioni era prossimo.
Sul molo suonatori di launeddas e pipaiòus riempivano l'aria di allegre armonie e la gente ch'era lì accorsa già s'accaldava in coreografici giri di ballu tundu.
Sarbak scese dal punto privilegiato d'osservazione, pronto ad accogliere gli stranieri col suo popolo.
Arrivarono e ancorarono le navi con manovre degne di esperti marinai.
I due Grandi Sacerdoti Sarbak e Has-Nalos si fecero incontro: la mano franca precedeva entrambi. Kra-Manzà-Nu capì subito che si trattava di veri amici e tirò un sospiro di sollievo. Schierò i suoi uomini per il picchetto d'onore e accolse i nuovi arrivati nel migliore dei modi, curioso d'apprendere le motivazioni di questa visita in città.
Nella grande piazza dei balli venne allestita un'amplissima tenda e dei lunghi tavoli imbanditi con  i cibi prelibati del Sinis. Gli ospiti furono trattati con tutti gli onori: serviti e riveriti con  ottime pietanze  e fresche , corroboranti bevande.
Appena rifocillato, Has-Nalos disse senza tanti giri di parole:
 " Fratelli, siamo tra voi dopo un lunghissimo viaggio per mari e terre. Per secoli le nostre genti hanno abitato le contrade di Ur e grandi uomini hanno costruito Civiltà e immensi Imperi. Noi veniamo da Akàd la terra del nostro padre Sargòn, il più grande tra i Re. Abbiamo abitato quelle terre fino alle terribili piaghe e carestie che ci hanno costretto ad abbandonarle. Noi, le genti di Ur, vaghiamo da lungo tempo alla ricerca della terra promessa dai nostri Antichi Padri e crediamo, finalmente, d'essere arrivati! Veniamo in pace e vi chiediamo di accoglierci come fratelli. Sappiamo che da questa terra partirono i nostri Antichi Padri quando le acque la travolsero, trovando casa presso le fertili valli del Tigri e dell'Eufrate. Quelle terre che ci hanno accolto per secoli si trovano, ora, da molto tempo, in gravi condizioni di siccità e carestia e noi abbiamo pensato di tornare nell'Isola del Grande Verde di cui abbiamo sempre sentito raccontare di generazione in generazione. Speriamo in una vostra fraterna accoglienza ..."
Le parole di Has-Nalos venivano accolte come lame di sole dagli astanti. Stupore, incredulità, meraviglia si stamparono sulle facce di tutti. Chi, a Tharros, non aveva sentito parlare della Grande Onda e del Diluvio che aveva sommerso la Terra? Praticamente TUTTI. Eppure, vedere la leggenda prendere forma attraverso le parole del Saggio Ospite lasciava tutti senza fiato. Insomma, questi erano i lontani parenti di cui nei secoli tutti avevano parlato! E adesso erano qui, a Tharros, in carne e ossa.
"Arraxioni at essi pròprias a is nostas is bràkas ki potant!" (Ecco perchè le loro imbarcazioni sono come le nostre!") - pensò ad alta voce Ogulestu.
Dopo lunghi attimi di smarrimento, l'aria fu imperniata da una inenarrabile commozione e tutti presero ad abbracciarsi e baciarsi in uno strordinario e mai visto impeto di gioia e incredulità. In men che non si dica furono perfino individuate alcune parentele e le pacche sulle spalle non finivano più.
Quello fu, sicuramente il più grande moto di amore fraterno della Storia e sarebbe restato nei secoli ...
Kra volle conoscere immediatamente l'Ammiraglio della flottiglia amica, Fraghèmariu, Odoredimare, e i due sigillarono un immediato patto amichevole davanti ad un ottimo boccale di vino del Sinis, mentre assaporavano deliziosi dolcetti al miele di oni-oni, corbezzolo.
Dalle imbarcazioni cominciarono a uscire doni di ogni genere e meraviglia: tessuti, gioielli, spezie, armi ... Ma i cittadini di Tharros non furono da meno. Grandi Uomini e Grande Civiltà si erano ritrovati!
Tutti volevano sapere TUTTO sulle reciproche consuetudini e usanze. Si volevano recuperare i secoli persi! Voci sommesse e lacrime di commozione si inseguivano e si sovrapponevano in quell'incredibile e magico convitto   tra fratelli ritrovatisi dopo tanta sofferenza e oblio.
Ciò che la crudele catastrofe naturale aveva diviso, la Madre aveva saputo riunire.
Alla Grande Madre, infatti, i due Sacerdoti dedicarono i Riti propiziatori che Sarbac aveva già predisposto e grande Amore e Solennità caratterizzarono quei momenti. Kra e i Saggi del Gran Consiglio decretarono giorni di festa. Ad organizzare il futuro avrebbero pensato con calma.
A Tharros c'era posto e tanto lavoro per questi ritrovati e amatissimi fratelli venuti dal mare.

SA FESTA MANNA FIAT CUMENTZADA!!



I ragazzi della 4^B.











giovedì 25 novembre 2010

LA STORIA DEL MIO POPOLO

(III episodio)

Appena Efisceddu sigillò la sua bocca  e ogni suo particolare tornò ad essere pietra, dura e inanimata, i presenti non credevano ancora ai loro occhi… rimasero fermi per alcuni istanti, come quando si gioca alle “Belle Statuine”. Soprannaturale e  misterioso era il fatto cui avevano appena assistito. Straordinario.
Si vedevano già i primi chiarori dell’alba che, timidi, attraversavano i vetri, quando i responsabili del centro, insieme al bel gruppo di altri collaboratori lasciavano il centro di restauro ancora visibilmente emozionati: ERA STATA UNA NOTTE MAGICA!
Nell’edificio ora silenzioso, restavano gli innumerevoli pezzi di arenaria modellata disposti ordinatamente, ognuno numerato, lungo i tavoli nelle sale del centro, mentre busti, teste, braccia e gambe delle statue già restaurate e ricomposte sistemate, l’una vicina all’altra, nel corridoio con la gigantografia del luogo di ritrovamento alle loro spalle: Monte’e Prama.

Una volta a casa, nessuno  degli operatori di restauro era riuscito a prendere sonno e alle nove erano tutti ai loro posti di lavoro. Quella mattina era passata in fretta; i commenti sull’accaduto non si contavano; ognuno esponeva la sua teoria sulla notte precedente e, in attesa che la luce del sole lasciasse posto all’oscurità, non vedeva l’ora che il GIGANTE tornasse vivo fra loro.
Nessuno era rientrato a casa quella sera; i restauratori finirono il lavoro del giorno  e dopo aver lasciato ogni cosa al suo posto, pronta per il lavoro dell’indomani, frettolosamente avevano mangiato un panino o un frutto e alla spicciolata  raggiungevano il lungo corridoio e si disponevano a gruppetti  davanti alle statue allineate. Si sentiva un brusio, leggero, non fastidioso, si aveva quasi timore di parlare a voce alta per non disturbare il sonno eterno di “Efy” e compagni.

I primi raggi della luna penetravano attraverso le vetrate e illuminavano  di una luce argentea e misteriosa  i giganti, immobili e allineati. Arrivarono anche i due guardiani notturni che avevano appena finito di fare i loro giri di perlustrazione in tutti gli ambienti interni ed esterni dell’ edificio. Tutto era a posto. Giunsero, infine, sul posto la dott.ssa Boninu e il dr. Nardi che si erano fermati ancora un po’in ufficio per predisporre al meglio il colloquio con Efisceddu. Il momento era quasi arrivato. Gli ultimi avvertimenti dati. Nessuno doveva rovinare quel momento tanto atteso.
Il silenzio fu rotto dallo squillo del cellulare della dottoressa.
CHI OSAVA INTERROMPERE QUEL SILENZIO QUASI RELIGIOSO?
Al telefono non ci fu alcuna risposta. - Mah! A quest’ora! Boh! ... – borbottò la donna.
Era un avvertimento? La sacerdotessa?
All’improvviso uno scricchiolio di ossa… qualcuno si stava stiracchiando?La dottoressa stava per dire: <Accid…> ,- ma si bloccò all’istante.
-              SONO TORNATO FRA VOI – disse la voce maschile e irreale, che tutti presenti già conoscevano.
-               SONO PRONTO A RACCONTARE DEGLI ANTICHI PADRI NUR-SIN DI MONTE 'E PRAMA!.L’INIZIO DELLA STORIA DEL MIO POPOLO, LA STORIA DEL POPOLO DEI PRINCIPI GIUDICI – continuò.
Prendendo un grosso respiro e con la bocca priva di salivazione,  intervenne il dr. Nardi che balbettò, per la grande emozione: - Siaaa mo  pr oon ti a.a.d aascool.. tarti con vero e immenso piacere - le ultime parole uscirono veloci come il fulmine dalla sua bocca.
Efy, ormai era chiamato amichevolmente così, sollevò il grosso braccio, aprì le robuste dita e poi con l’indice puntato in direzione di una carta della Sardegna,appesa in un angolo illuminato dai raggi della luna, indicava il Golfo di Oristano. No! La traiettoria del suo dito procedeva lentamente sulla linea delle coste per fermarsi sulla penisola del Sinis. L’ombra del dito si era fermata a indicare un punto preciso: Tharros.
Finalmente avrebbero conosciuto la verità sugli “amati e discussi “GIGANTI …

Il suo racconto aveva inizio, mentre i presenti ascoltavano in doveroso silenzio.
-              Era il 2000… il 2300 a.C… - diceva. - La mia memoria ha qualche vuoto… E’ PASSATO TROPPO TEMPO… TROPPO! …
-              Sembrava stanco Efy, ma si riprese subito e continuando: -  “BABBAI “ (mio padre), il suo nome era HAS-NALOS appartenente alle genti SHRDN,  raccontava sempre, per averlo sentito da suo padre e suo padre dal suo e cosi via tornando indietro fino ai nostri antenati, che il mio popolo partì dalla Terra di UR in seguito ad una lunga carestia, durata ben 300 anni, verso luoghi più ospitali e fertili.
Ogni membro della mia gente prese con sé tutto ciò che possedeva e caricandolo sul proprio carro in grande carovana procedeva risalendo la valle dell’Euphrates verso il porto più vicino sulle coste della Phoenicia. Lì, ormeggiate ai robusti moli, attendevano le loro navi da carico, per trasportare merci e persone, e quelle più veloci dove viaggiavano i principi, i valorosi arcieri, i pugilatori e  i guerrieri, che dovevano giungere per primi nei luoghi dove stabilirsi per  instaurare con le genti che li abitavano rapporti di amicizia, di collaborazione e soprattutto di pace. Era un popolo che amava la natura, la rispettava e la faceva rispettare. La vita sociale era regolata da leggi raccolte in codici, infatti, il primo compito di un re era quello di assicurare la giustizia al paese.




La sacerdotessa Silanolis aveva previsto tutto a distanza di 3000 anni, il risveglio di Efisceddu era avvenuto e il segreto a lungo tenuto si stava piano, piano   svelando.
In quel momento un raggio di luna più luminoso degli altri si posò sugli occhi magnetici di Efy, facendoli diventare una girandola vorticosa… Sembrava si stesse aprendo uno spazio temporale nei suoi occhi magnetici.
Ci fu un’ombra di paura sui volti dei presenti. Un attimo. Quando il gigante di pietra ricominciò a parlare sembrava più vivo che mai, forse Silanolis era intervenuta dandogli un input.
- Arrivati  nello stretto di Scilla e Cariddi,- riprese Efy - sapendo il pericolo che avrebbero corso in quelle acque, invocarono immediatamente gli Dei  per aiutarli a superare i mostri marini, terribili mangiatori di uomini. In un momento le acque del mare si sollevarono  e aprirono un varco fra le onde, dove passarono velocemente tutte le navi: erano salvi! Però, appena oltrepassato lo stretto, una tempesta li colse all’improvviso: onde altissime sbattevano sulle navi, fulmini e saette   terrorizzavano bambini e madri, gli anziani pregavano: “Babbai nostru ki sese in su …”(Padre nostro che sei nel…), mentre i giovani si davano da fare per governare le navi.
Un raggio di sole , tagliente  come una spada, squarciò le nubi illuminando la flotta e allo stesso tempo rassicurò ogni persona dando loro speranza. Come d’incanto il cielo tornò sereno e il viaggio proseguì tranquillo fino a che una vedetta, sull’alto pennone della nave-madre urlò: -  TERRA…TERRA… . Un grido di gioia si sollevò e tutti saltellavano contenti; si affacciarono lungo le sponde ad osservare la terra ormai vicina. Si scorgevano numerose e strane costruzioni di pietra nera sulle verdi collinette intorno: I NURAGHES.
Molti dei compagni di viaggio si fermarono lungo le coste dove era facile l’approdo, altri proseguirono lungo tutta la costa occidentale; noi ci fermammo proprio nel posto da me indicato nella vostra carta.
Le navi ormeggiarono con cautela nel porto di questa nuova terra e Has-Nalos I, il capostipite, scese per primo dalla nave seguito dalla sua famiglia, principi, arcieri e guardie reali, dirigendosi verso il centro del villaggio.
Dall’alto della collina, nel cuore  dell’abitato, assisteva allo sbarco il Capo Tribù-Sarcerdote, il suo nome era SARBAC. Aveva osservato l’arrivo di tutte quelle navi con un po’ di apprensione.
Chi erano? Nemici? Amici? Un altro popolo invasore?
Ne avevano respinti tanti con il coraggio  della sua fiera gente! Sarbac aspettava la delegazione e avrebbe saputo.


Has-Nalos a passo svelto risaliva la strada grande che portava in cima alla collinetta e raggiungeva insieme ai rappresentanti della sua gente il Capo Tribù-Sacerdote.   …


Gli alunni della 4^ E di Solanas